Non riuscite a volte a far star fermo vostro figlio? Si muove in continuazione sulla sedia? E ’iperattivo, distratto, disattento, impulsivo e il suo rendimento scolastico, cognitivo e sociale ne risentono?
Potrebbe trattarsi di ADHD disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD o DDAI) è un disturbo psicopatologico che inizia in’ età evolutiva, rientra nei disturbi del neurosviluppo secondo il DSM V, ma è presente anche in adolescenti e adulti, oltre due terzi degli adolescenti infatti a cui è stato diagnosticato questo disturbo nell’infanzia, può continuare a presentare i sintomi anche da adulti con conseguenze disfunzionali nella vita di coppia, nell’ambiente o a lavoro.
Non è semplice riconoscere l’ADHD in età prescolare (età 3-6 anni): molti bambini presentano una marcata agitazione, iperattività, una accesa motricità, ma la maggior parte di questi non svilupperanno un ADHD. È durante la scuola primaria (età 6-12 anni) che avviene maggiormente la prima diagnosi, per una serie di sintomi che differenziano il bambino ADHD dai suoi coetanei.
Il bambino fa fatica a portare a termine i compiti, ha poco valore di Sé, non rispetta regole, tempi e spazi dei compagni, non riesce a stare fermo, ha difficoltà a giocare in modo tranquillo, mostra disattenzione, dimentica le cose a causa della mancata concentrazione restando indietro nelle attività, mostra agitazione e difficoltà di controllo.
Questi problemi sono causati non soltanto da cause organiche, neurobiologiche ed ambientali ma anche dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento e le proprie e emozioni a causa della instabilità nel riuscire a gestire l’attesa e la frustrazione che ne derivano, legata al trascorrere del tempo e alle sensazioni intense a questa associate.
Caratteristiche come impulsività e distrazione possono inoltre sviluppare difficoltà nell’attuazione di funzioni esecutive utili al bambino per rispondere alle richieste dell’ambiente e del mondo che lo circonda. Si stima che di ADHD ne risultino affetti all’incirca il 7% della popolazione infantile e il 4% della popolazione adulta (Faraone et al.2003, Fayyad et. al 2007), ma nonostante sia oramai nota la presenza del disturbo anche negli adulti, solo una minima parte di essi riceve diagnosi e trattamento.
È stato dimostrato che avere l’ADHD rende vulnerabili ad altri disturbi che emergono nel corso degli anni complicando ulteriormente il quadro clinico: è riconosciuto che il 50%-87% degli individui ADHD presenta almeno un altro disturbo in comorbidità, mentre due o più nel 33% di questi (Biederman et al. 1993; Adler et al. 2008).
Tra questi sono stati individuati il:
• Disturbo dell’Apprendimento (25-40%)
• Bassa auto-stima, depressione (25%)
• Personalità antisociale (10-25%)
• Uso/abuso di sostanze (10-25%).
• Disturbo Oppositivo Provocatorio (>50%).
• Problemi di condotta e difficoltà antisociali (25-45%).
In definitiva la percentuale di bambini colpita da disturbo da deficit di attenzione/iperattività si aggira tra il 5 e il 15% (1).
Tuttavia, si ritiene che il disturbo da deficit di attenzione/iperattività sia sovra diagnosticato a causa dell'impreciso utilizzo dei criteri clinici.
Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5), vi sono 3 tipi di varianti dell’ADHD:
• Variante con disattenzione predominante
• Variante con iperattività/impulsività predominante
• Combinato
Nell’insieme il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è circa due volte più comune nei maschi, anche se i rapporti variano a seconda del tipo.
La variante prevalentemente iperattiva/impulsiva si verifica da 2 a 9 volte più frequentemente nei maschi; il tipo prevalentemente disattento si verifica con simile frequenza in entrambi i sessi.
Il Trattamento del disturbo può avvenire attraverso un approccio multimodale.
Il primo passo per aiutare un bambino con ADHD è osservare bene quando i comportamenti disfunzionali accadono, in che momento, la durata e la loro intensità, per poter intervenire su di essi e sull’isolamento degli antecedenti e sulle sue conseguenze, dando a questi un significato, che deve essere restituito emotivamente al minore. Dobbiamo ricordarci che il bambino soffre di questo disturbo, ma non è il disturbo. E ‘importante individuare azioni positive da gratificare piuttosto che azioni negative da punire, la gratificazione dei comportamenti corretti aiuta il bambino ad avere maggiore stima di Sé e ad acquistare fiducia nelle sue capacità sviluppando le sue risorse.
È essenziale trasformare la frustrazione dell’attesa in un momento graduale di piacere per poi dargli un rinforzo verbale o concreto del comportamento adeguato, che gli permetta di sentirsi contenuto, rassicurato e apprezzato. In classe vanno usati metodi di apprendimento cooperativo, tutoraggio e inclusione.
L’ADHD va affrontato con interventi tipo cognitivo comportamentale, psicoanalitico, neuropsichiatrico, psicoterapeutico, farmacologico, Teacher e Parent Training e psicoeducazionaale.
Se volete approfondire l’argomento in maniera leggera, esperienziale, chiara e coinvolgente affettivamente vi consiglio un libro dal nome “La felicità non sta mai ferma” di Chiara Garbarino, un libro autobiografico di una mamma e suo figlio Leonardo, affetto da deficit di attenzione e iperattività. Non un manuale per gli addetti ai lavori, ma un racconto per condividere la sua esperienza con altri genitori ed insegnanti.
Se si cambiano l'atteggiamento di isolamento e abbandono verso le persone con difficoltà: attraverso il dialogo e l’empatia si possono raggiungere risultati sorprendenti e inaspettati.
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